A ogni seduta del Consiglio comunale, puntuale come un orologio, arriva Vincenzo Meola. Si siede tra il pubblico e nello spazio riservato agli interventi dei cittadini e, con la pazienza di chi non si arrende, ricorda a sindaco e consiglieri tutte le “magagne” delle case CIT, nonostante i tanti soldi spesi: allagamenti, scarichi ostruiti, lavori di ristrutturazione lasciati incompiuti. E puntualmente, da oltre un anno, riceve in cambio il silenzio.
Il complesso residenziale CIT – tra piazza Borsellino, via Madre Teresa di Calcutta e via Libero Grassi – sembra diventato il simbolo di un dialogo impossibile tra residenti e istituzioni. Gli allagamenti in caso di pioggia e i problemi fognari, denunciati da tempo, non trovano soluzione. «Né il CIT, né l’Amministrazione di Caselle ci hanno mai dato risposte concrete» ribadisce quasi come un disco rotto Meola.
Stavolta, però, il suo grido di frustrazione ha trovato un’eco politica. Endrio Milano (Progetto Caselle 2027), ha raccolto la denuncia e, dopo un sopralluogo, conferma: «Non sono un tecnico, ma quanto riferito da Meola ha fondamento. Guardando i frontalini dei balconi, sembra persino che alcuni lavori non siano mai stati completati».
Milano ha così depositato un’interrogazione formale il 2 agosto, in cui ricorda che «in una democrazia il cittadino ha diritto a una risposta scritta entro 30 giorni, e che il Comune, in quanto parte del CIT, ha tutti gli strumenti per pretendere spiegazioni». Le richieste di Milano all’Amministrazione sono precise: sopralluogo dell’Ufficio Tecnico Comunale e relazione dettagliata sulle criticità; invio della relazione al CIT con richiesta di tempi certi per gli interventi; informativa al Consiglio e a Meola; eventuale audizione pubblica dei vertici CIT davanti al Consiglio comunale.
La vicenda ha assunto, infatti ormai, i contorni di un piccolo paradosso amministrativo: un cittadino che da un anno bussa alla porta del Comune senza ottenere una risposta formale, nonostante la normativa lo preveda. Intanto, alle case CIT, piove dentro e i problemi restano.
Ora tocca alla Giunta dare un segnale, prima che questa storia diventi l’emblema di una città dove denunciare non basta e ascoltare sembra un optional.